• 23 Gennaio 2025 23:31

FriuliTv Networking

FriuliTv, MediaEuropa Channel, Carnia WebTv

Con uno stanziamento di 4 milioni di euro per favorire la fusione tra la pordenonese HidroGea e il Consorzio Acquedotto del Friuli Centrale (CAFC) la Regione compie un ulteriore passo verso la costituzione di un gestore unico regionale del servizio idrico e dei rifiuti urbani. Con la costituzione di tale gestore regionale giungerà a compimento un lungo percorso di spoliazione dei territori – in particolare quelli montani – della gestione della loro importante risorsa: l’acqua.

Infatti, dopo quella inviata nelle turbine lasciando i corsi d’acqua montani in secca e profitti nelle tasche dei concessionari foresti, ora tocca all’acqua del rubinetto di casa nostra finire quotata in borsa attraverso il costituendo ente gestore unico regionale, in cui i governanti di turno collocheranno i propri fedelissimi.

L’orografica del territorio del Friuli comporta presenze molto diversificate dell’acqua: nella zona montana scorre in superficie, quindi scorre in falda nel Medio Friuli per poi riaffiorare con pressione in superficie nella zona delle risorgive del Basso Friuli alimentando i fiumi che scorrono placidi verso la laguna.

Condurre ad unità di gestione tali diversità è una forzatura. Il buon governo deve essere aderente alle caratteristiche dei vari territori, ciò che non sarà il gestore unico regionale, lontano dai piccoli acquedotti dei tanti paesini della montagna, della Carnia in particolare, dove la sottrazione ai Comuni della gestione del servizio idrico per concentrarla in Carniacque è stata un fallimento che dovrebbe insegnare che nei territori montani la gestione comunale è la più appropriata, efficiente, partecipata e vicina agli utenti. Che ora invece si vedono recapitare dal CAFC bollette “salate”.

La diversificata presenza dell’acqua in Friuli comporta modi diversi di fornitura dell’acqua potabile. Nel Basso Friuli essa avviene mediante la spontanea risalita dell’acqua di falda nelle cosiddette “fontane”.

Nel Medio Friuli, privo di sorgenti e di pendenza, la fornitura dell’acqua potabile avviene necessariamente in forma consortile attraverso l’estesa rete del CAFC.

Nella zona montana la fornitura è caratterizzata dalla presenza di numerose sorgenti a mezza quota e a dislivelli che permettono di disporre dell’acqua “a caduta”. Questi fattori hanno favorito l’insediamento di diffusi piccoli abitati, ognuno con il proprio acquedotto. Significativo è il caso di Ovaro dove su 14 paesi si contano ben 13 acquedotti, la cui gestione, per semplice buon senso, può essere solo locale, comunale e non già affidata ad una società esterna.

I nostri antenati montanari nell’individuare il luogo migliore per l’insediamento di un abitato, verificavano innanzitutto la presenza di una sorgente di portata adeguata e costante a quota superiore e sufficientemente vicina dalla quale con le proprie braccia, pala e piccone, posavano la condotta sino alla fontana con il coinvolgimento di tutta la comunità locale anche per la successiva manutenzione e gestione stabilendo un forte legame tra la comunità e la “nestra aga”.

Testimonianza di tale carattere comunitario erano le fontane che, collocate nella piazza dell’abitato, avevano una funzione identitaria del paese, di socializzazione, come la chiesa e la latteria.

La politica centralizzatrice di questi ultimi anni, che ha privato i Comuni montani della gestione del servizio, oltre a portare al fallimento di Carniacque, alla gestione del CAFC, al notevole aumento delle bollette, ai disagi per l’accesso ai distanti uffici del CAFC, ha indebolito il senso di comunità nei paesi montani. L’acqua del rubinetto di casa non è più sentita come “la nestra aga”, ma come “l’acqua del Cafc”.

Il servizio idrico nel territorio montano richiede non modelli urbani e accentratori (il fallimento di Carniacque insegni!) ma il decentramento del governo e della gestione in loco ai Comuni. Mentre altre Regioni prendono semplicemente atto della volontà dei comuni montani di gestire in proprio il servizio idrico non è ammissibile che la nostra Regione continui a negare tale possibilità ai Comuni montani ai quali l’utente paga volentieri il servizio idrico poiché le somme restano a disposizione del suo Comune al quale può rivolgersi ricevendo risposte e rapidi interventi.

Utopia, penserà qualcuno, poiché il servizio idrico comprende la depurazione, che richiede specifiche competenze non sempre presenti nei singoli comuni montani. Preoccupazione legittima che si supera imparando dalla Provincia di Bolzano, dove i Comuni provvedono all’intera rete idrica, alla rete fognaria interna agli abitati e alla fissazione della tariffa, mentre alla rete fognaria esterna ed al depuratore provvede la Provincia attraverso il “Servizio integrato di fognatura e depurazione”, organizzato sulla base di ambiti territoriali ottimali (Legge Provincia Bolzano 18.6.2002. n.8).

Per rimediare alla decadenza della nostra montagna, oltre a un adeguato quadro legislativo e alle disponibilità finanziarie, è necessario rafforzare l’autonomia dei comuni ora umiliata dal centralismo regionale e dalla dipendenza dal locale maggiorente regionale di turno mettendoli nelle condizioni di governare il proprio territorio e la propria comunità. Fondamentale è la ricostruzione di un forte sentimento di appartenenza alla comunità del proprio paese. Come è stato nella ricostruzione post sismica in Friuli.

Franceschino Barazzutti, già sindaco di Cavazzo Carnico.

Presidente del Comitato Tutela delle Acque del Bacino Montano del Tagliamento

via Davanzo, 9 Tolmezzo. 22.01.2025