Non c’è tregua all’affanno vissuto dell’edilizia che continua a patire la mancanza di manodopera. «Registriamo una gravissima carenza di personale in tutti i settori delle costruzioni» denuncia Lucio Copetti, Capo categoria Impianti elettrici di Confartigianato-Imprese Udine. La desertificazione delle professionalità legate alla filiera dell’edilizia, l’imprenditore gemonese la vive del resto in casa propria dove – parola sua – ci si trova in difficoltà a far fronte alle richieste anche in considerazione dei tempi stretti dettati dalle esigenze dei clienti. «Il lavoro c’è – conferma – ma la maggior parte delle imprese artigiane non è in condizione di farsene carico proprio perché carente di personale. Siamo al paradosso». Una situazione che i dati Excelsior Unioncamere fotografano con esattezza. Nel 2022 in Fvg le entrate di elettricisti programmate dalle imprese era pari a 1.530 di cui il 76%, vale a dire quasi 8 su 10, di difficile reperimento. Le cause? Mancanza di candidati (52,8%), preparazione inadeguata (40,5%), altri motivi (6,7%). Stessa situazione sul fronte dei termoidraulici: 960 le entrate programmate nel 2022, di cui il 77% di difficile reperimento, in questo caso addirittura all’85% per mancanza di candidati.
«Sono anni – continua Copetti – che osservando il costante calo demografico vaticiniamo questa situazione. Oggi purtroppo ci siamo. Il malato è conclamato ed è chiaro che le misure a sostegno della natalità, pur necessarie e improrogabili, nell’immediatezza non potranno risolvere il nostro problema». «Ci vuole una misura choc – dichiara ancora il dirigente di Confartigianato-Imprese Udine -, che dispieghi effetti immediati. Ci vuole un patto vero tra imprese, famiglie e scuola. Un patto in cui le imprese devono continuare nell’azione di sensibilizzazione riguardo ciò di cui hanno bisogno, anche raccontando i lati positivi del lavorare in un’impresa artigiana. Ma un patto in cui un ruolo da protagonista devono averlo anche le famiglie: è da lì che deve nascere una nuova consapevolezza del fatto che avere un mestiere in mano può essere gratificante, una buona prospettiva per i ragazzi e un’assicurazione per il futuro delle nostre società perché diciamocelo con chiarezza: tempo qualche anno e non ci sarà più nessuno in grado di riparare il tubo in casa o la rete elettrica. Noi, come imprese e come associazione, ci siamo».
E c’è la scuola. In particolare quella che si occupa di formazione professionale come il Civiform di Cividale e il Bearzi di Udine e che all’appello di Confartigianato ha già risposto in concreto, con i corsi di formazione professionale, che ogni anno sfornano un centinaio di ragazzi qualificati. «Ogni giorno riceviamo 5, 6 richieste dalle aziende» fa sapere Armano Giulio, direttore del centro di formazione professionale del Bearzi, tanto a dire quanta sia la fame di professionalità che c’è oggi nel settore. «Per rispondere alle esigenze delle aziende, molte delle quali associate a Confartigianato, e in particolare a quelle del settore elettrico che sono tra le più in difficoltà – continua Armano – il Bearzi mette a disposizione due profili professionali, quello dell’operatore in ambito civile e quello di operatore dell’automazione industriale. Percorso per arrivare alla qualifica dura 3 anni, con uno in più si arriva al diploma professionale». Lo sbocco è praticamente garantito, considerato che – fa sapere ancora Armano – al Bearzi abbiamo segnalazioni per 160 posizioni aperte «che non riusciamo a coprire con i nostri ex allievi». «Per chi volesse intraprendere questa strada – conclude il docente – ricordo che ci sono ancora alcuni posti a disposizione per chi volesse cambiare gli studi in corso o per chi fosse in procinto di decidere a quale scuole iscriversi dopo la secondaria di secondo grado».