Daniele Damele passa in quiescenza dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Quasi dieci anni di attività nel settore privato, specie assicurativo, e ben 35 di Pubblica Amministrazione dalla Provincia di Trieste a quella di Udine sino alla Regione Friuli Venezia Giulia con anche quattro incarichi commissariali in altrettanti Comuni (San Daniele del Friuli, Venzone, Pontebba e Savogna). In questi anni non sono mancati impegni pubblici nei settori del volontariato, del sistema industriale privato con Federmanager, di quella sanitario integrativo, come pure attività giornalistiche in radio, tv, internet e carta stampata con, per alcuni anni, la direzione del mensile Udine economia della Camera di commercio di Udine.
Damele, le dispiace lasciare la Pubblica Amministrazione?
“A essere sincero non proprio. Ho incontrato in questi tanti anni numerose persone stimabili, ma anche un sistema difficile con cui convivere caratterizzato più da fattori di pesantezza che non di positività”.
A cosa si riferisce?
“Sarebbe lunga. Mi limito a dire che il sistema pubblico si basa nella sua stragrande maggioranza sull’obiettivo di rispettare il codicillo e non assumersi responsabilità. È ovvio che le leggi e i regolamenti vanno tutti rispettati, ci mancherebbe, ma non devono ingessare il sistema. È da quando sono entrato nella PA, 35 anni fa, che sento parlare di sburocratizzazione, ma le leggi non sono mai diminuite, e i Testi Unici non sono un obiettivo. In più ho visto che una minoranza di lavoratori lavora per tutti. Non mi riferisco ai fannulloni di cui al pensiero di un ex-ministro, ma a carichi di lavoro non equilibrati. Se poi vogliamo parlare di merito solo la minoranza che lavora andrebbe premiata, ma non è così. Il pubblico dovrebbe essere al servizio del privato che produce e con le tasse che paga sostiene, appunto, il sistema pubblico. Salvo eccezioni lodevoli, ma contenute, non mi pare, purtroppo che sia così”.
Lei ha conosciuto tanti politici e con molti di essi è entrato a stretto contatto. Chi ritiene siano quelli da menzionare?
“Tanti: Cecovini, Monfalcon, Biasutti, Comelli, Strassoldo, Longo”
Piano piano, cita solo politici che non ci sono più.
“Dopo tanti anni mi conceda un po’ di scaltrezza, se cito un solo politico vivente mi faccio tutti gli altri nemici. Scherzo, ovviamente”.
Come Pulcinella che ridendo e scherzando si confessava?
“Veda lei” (sorride ndr).
Tra quelli che lei ha citato ci sono ben tre, forse quattro democristiani perché anche Strassoldo lo fu.
“Vero. D’altronde la DC è l’unico partito al quale ritenni corretto iscrivermi quando avevo 16 anni. Però ho citato anche Cecovini un autonomista, ideatore della Lista per Trieste, di uno spessore indiscutibile e Monfalcon, un comunista triestino di sani principi che ho visto aiutare tangibilmente la povera gente”.
E del Friuli c’è qualcuno che lei ha frequentato che considera così positivamente?
“Certamente, tutti quelli che ho citato, ma anche Vittorino Meloni, un Maestro, la prego lo scriva con la “M” maiuscola. Come me non era friulano, ma ha amato il Friuli più di se stesso. Mi fece scoprire che questa Regione è autonoma grazie al Friuli e ai friulani quando avevo i calzoncini corti. Mi aiutò nel redigere la tesi di laurea con consigli preziosi. Oggi godo dell’amicizia di suo figlio Michele Meloni Tessitori che ha scelto un profilo basso io credo per non godere del privilegio di aver avuto un padre come Vittorino e non offuscare quel ricordo così fantastico per la nostra terra”.
Damele, lei ha scritto a lungo per il Messaggero Veneto, ha fatto tv, radio e scrive ancora in rete. Cosa pensa dell’informazione oggi?
“Faccio fatica a considerarla informazione. É diventato tutto, o quasi, comunicazione e c’è una bella differenza. Oggi la fanno da padrone insinuazioni, illazioni, gossip, la cultura del sospetto, specie in rete e in tv. I giornalisti, specie televisivi e della rete, sono diventati comunicatori rinunciando al ruolo di cani da guardia limitandosi a fare da megafoni quasi sempre ai soliti noti. É saltata, quasi ovunque, l’accurata verifica delle fonti prima di dare una notizia. Una volta contava dare giuste informazioni oggi arrivare primi e fare profitti. È un vero peccato.”
Però ci sono trasmissioni televisive d’inchiesta, cosa ne pensa?
“Molte note dolenti. Si privilegia, ahimé, la telecamera posta nel buco della serratura. Il rischio è di evidenziare le pagliuzze e tralasciare le travi. Si pensi ai cronisti che spacciano per domande delle affermazioni che ripetono all’interlocutore intervistato, spesso per strada, che il più delle volte non è messo nelle condizioni di interloquire al fine di informare. La volontà è far passare un’idea col megafono di cui parlavo prima ergendosi a paladini del cosiddetto giornalismo d’inchiesta che, per me, è tutt’altra cosa”.
Lei è stato anche presidente del Corecom FVG, anzi il primo presidente di questo organismo nei primi anni 2000. Se tornasse a svolgere questo ruolo cosa farebbe oggi?
“Mi occuperei di contrastare la disinformazione che pervade la società, l’incitamento alla violenza nei social, la mancanza di contrasto, ovvero confronto con chi vorrebbe, ma meglio dire vuole influenzare le scelte della gente. La recente pandemia ha scoperchiato, se mai ce ne fosse stato bisogno, una comunicazione che contrasta drammaticamente con la libertà di scelta”.
Damele ha scritto dieci libri, si è fermato o darà alle stampe qualcos’altro?
“Mai dire mai. Ho in testa la verifica se possa essere utile raccogliere i miei articoli sull’etica in economia redatti per Udine economia e quelli sul fair play che ho scritto on line per il mondo dello sport. Vedremo”.
Cosa farà adesso?
“Mi dividerò tra il Friuli Venezia Giulia e Roma occupandomi soprattutto di Federmanager, sanità privata integrativa e di avanzare proposte per lo sviluppo e la crescita sociale ed economica con specifico riguardo alle imprese private industriali e alla cultura della managerialità”.
Di cos’ha bisogno il mondo oggi secondo lei Damele?
“Di amore, dolcezza, rispetto, ascolto dell’altro e anche di un po’ di silenzio…”.
Omar Costantini
Direttore FriuliTv